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TUMORE DELL’UTERO O DELL’ENDOMETRIO

Il tumore dell’endometrio, il tessuto che riveste la cavità uterina, è una neoplasia che interessa il fondo o “corpo” dell’utero e insorge prevalentemente nelle donne in postmenopausa, dopo i 50 anni. L’80% dei tumori dell’endometrio è costituito da adenocarcinomi.

Epidemiologia

Il tumore dell’endometrio è più frequente nei Paesi ad alto reddito, dove i tassi di obesità – considerata un fattore di rischio –  sono elevati. Nel 2022 sono stati stimati dall’American Cancer Society circa 65.950 nuovi casi negli Stati Uniti. In Italia, dove i nuovi casi sono circa 8.400 per anno, il tumore endometriale rappresenta la 3° neoplasia più frequente nelle donne tra i 50/69 anni e, per la stessa classe d’età, la più comune neoplasia del sistema riproduttivo. Il tumore si sviluppa in donne sopra i 50 anni ma in circa un quarto dei casi può presentarsi prima della menopausa.

Fattori di rischio

Il tumore dell’endometrio ha bisogno di ormoni estrogeni per svilupparsi. I fattori che aumentano il rischio sono:

  • età avanzata
  • fattori genetici
  • familiarità per neoplasie endometriali
  • storia personale di tumore mammario o dell’ovaio, in particolare con utilizzo di tamoxifene nelle donne con tumore della mammella, o di altri tumori ginecologici
  • assunzione di Terapia Ormonale Sostitutiva
  • sovrappeso/obesità, diabete
  • ipertensione arteriosa
  • fattori geografici (le donne europee e le nord americane hanno un rischio maggiore di ammalarsi), non avere figli
  • menarca precoce
  • menopausa tardiva.

Rischio genetico

Nella maggior parte dei casi, il tumore dell’endometrio è causato da mutazioni geniche sporadiche ma nel 5% dei casi può essere dovuto a mutazioni ereditarie. Questa tipologia di cancro si manifesta in età più giovanile e viene diagnosticato almeno 10-20 anni prima del cancro sporadico. La metà dei casi dovuti a mutazioni ereditarie si verifica nelle famiglie con sindrome di Lynch (carcinoma colorettale ereditario non poliposico). Le persone affette da sindrome di Lynch hanno un alto rischio di sviluppare altri tumori.

Tipologie di tumore endometriale

Il tumore dell’endometrio può essere preceduto da un ispessimento dell’endometrio che presenta notevole irregolarità, legato all’eccessiva crescita delle cellule ghiandolari.

Due sono i tipi di carcinoma endometriale:

  1. tumori di tipo I, più comuni, estrogeni-dipendenti, diagnosticati in genere in donne obese in perimenopausa o all’inizio della menopausa. Questo tipo di carcinoma è preceduto da iperplasia endometriale. Si tratta di tumori a basso grado, con prognosi buona, di solito l’istologia più frequente è l’adenocarcinoma endometriale (grado 1 e 2). Sono tumori che possono presentare mutazioni PTEN, PIK3CA, KRAS e CTNNB1;
  2. tumori di tipo II: tumori ad alto grado con prognosi sfavorevole che comprendono carcinomi endometriali di grado 3 e tumori con istologia non endometrioide come i tumori sierosi, i tumori a cellule chiare, i tumori a cellule miste indifferenziati e il carcinosarcoma. Questo tipo di tumori colpisce soprattutto donne in età avanzata. Circa il 10-30% di questi carcinomi presenta una mutazione p53. Circa il 10% dei carcinomi endometriali è di tipo II.

Sottotipi

I principali sottotipi di carcinomi endometriali sono 4:

  • Gruppo ultramutato POLE, che rappresenta il 6% dei carcinomi endometrioidi di basso grado e il 17% dei carcinomi endometrioidi di grado elevato;
  • Gruppo ipermutato/microsatellite instabile, che rappresenta il 29% dei carcinomi endometrioidi di basso grado e il 54% dei carcinomi endometrioidi di grado elevato;
  • Gruppo a basso numero di copie/gruppo stabile micro-satellite, che rappresenta il 60% degli endometrioidi di basso grado, il 9% degli endometrioidi di alto grado, il 2% dei carcinomi sierosi e il 25% dei carcinomi istologici misti
  • Gruppo con alto numero di copie, che rappresenta il 98% dei carcinomi sierosi, il 75% dei carcinomi istologici misti, il 5% dei carcinomi endometrioidi di basso grado e circa il 20% dei carcinomi endometrioidi di grado 3.

Identificare il sottotipo genomico è utile per individuare il trattamento adiuvante dopo l’intervento chirurgico delle donne con tumori aggressivi.

Sintomi

Nelle fasi molto iniziali il tumore dell’endometrio può essere asintomatico, ma quando cresce si sviluppa con sintomi evidenti:

  • Perdite di sangue vaginali anche abbondanti e continue che si presentano in menopausa
  • Perdite di sangue tra i cicli mestruali dopo i rapporti sessuali prima della menopausa
  • Perdite vaginali
  • Dolore durante i rapporti sessuali
  • Dolore al basso ventre

Diagnosi

Sebbene non esista uno screening per il cancro dell’endometrio, la diagnosi di questo tumore non è complessa. Il sospetto deriva dalla storia clinica della donna e si conferma con la visita ginecologica. Segue l’ecografia transvaginale, un esame indolore che, se positivo, è seguito dall’isteroscopia e da una biopsia del tessuto endometriale con curettage. Sul tessuto bioptico viene effettuato l’esame istologico che consiste nell’analisi delle cellule tumorali ottenute con il prelievo. Un secondo esame istologico, effettuato sul reperto chirurgico dopo l’asportazione del tumore, permette la diagnosi definitiva e la stadiazione. La TC torace e addome e una RM della pelvi permettono di valutare l’estensione loco-regionale e la presenza di eventuali metastasi a distanza.

Test genetico

In alcuni casi il tumore dell’endometrio si associa a mutazioni di particolari geni responsabili della sindrome di Lynch. In casi selezionati può essere utile una consulenza genetica e il successivo test genetico.

Prognosi

La diagnosi precoce è fondamentale perché la tempestività d’intervento assicura una maggiore efficacia delle cure e alti tassi di guarigione. Solitamente le neoplasie a più alto grado, diffuse e in donne anziane, vanno incontro a prognosi peggiore. Per le pazienti con carcinoma endometriale i tassi di sopravvivenza media a 5 anni variano: per lo stadio I e II dal 70 al 95%, per lo stadio III e IV dal 10 al 60%. Complessivamente, il 63% delle pazienti è libero da tumore a 5 o più di 5 anni dopo la terapia.

Trattamento

Le terapie in generale comprendono:

  • Isterectomia radicale e salpingo-ooforectomia bilaterale
  • Linfoadenectomia pelvica e para-aortica per i gradi 1 e 2 con invasione del rivestimento muscolare profondo (miometrio), per qualunque grado 3 e per tutti i tumori con istologia ad alto rischio
  • Radioterapia pelvica con o senza chemioterapia per la fase IV
  • Terapia multimodale, raccomandata per la fase IV

Chirurgia: è il trattamento elettivo ove possibile. Nelle pazienti candidate all’intervento chirurgico il tumore endometriale deve essere rimosso in blocco e il più radicalmente possibile. La chirurgia deve essere integrata da Radioterapia e Chemioterapia post operatorie (adiuvanti) con lo scopo di ridurre la comparsa di recidive. A volte il tumore può essere inoperabile perché la malattia è troppo avanzata per permettere l’asportazione radicale della massa tumorale. Nelle neoplasie resecabili in stadi iniziali, l’intervento è detto radicale, l’obiettivo è quello di eradicare completamente la neoplasia. Durante l’atto chirurgico si asportano utero, tube di Falloppio, ovaie, e in base allo stadio di malattia, i linfonodi loco-regionali.

Chemioterapia adiuvante: si pratica con farmaci antitumorali a base di platino.

Radioterapia adiuvante: può essere di due tipi: brachiterapia vaginale adiuvante o radioterapia pelvica adiuvante in cui la sorgente delle radiazioni è esterna con radiazioni dirette verso la pelvi.

Chemioterapia per la malattia avanzata: utilizza farmaci molto attivi che prevedono regimi a base di sali di platino, Taxani e antracicline.

Terapia ormonale: suggerita nei tumori ad istologia endometriale e stato positivo (+) dei recettori ormonali.

Chemioterapia neo-adiuvante: viene praticata in genere prima dell’intervento chirurgico per cercare di ridurre il volume del tumore e renderlo maggiormente aggredibile.

Follow up

Dopi i trattamenti le pazienti vengono candidate ad un programma di controlli periodici (osservazione) al fine di intercettare precocemente un’eventuale recidiva e monitorare l’efficacia delle terapie. La paziente deve eseguire una visita ginecologica ogni 3-4 mesi per i primi due anni e poi ogni 6 mesi fino a 5 anni. Se l’oncologo lo ritiene necessario la paziente può essere sottoposta ad ulteriori indagini diagnostiche e ad esami ematochimici.